No, per fregnaccia non intendo dire che vi sto per dire una sciocchezza (per i fuori regione: fregnaccia è un termine tecnico locale per dire appunto sciocchezza, frottola, stupidaggine) anzi, se siete umbri DOC come me sapete già di cosa sto parlando. Ma per arrivare al dunque e al cuore della fregn … ehm, della faccenda, vi racconterò una storia, così conoscerete un po’ la mia adorata nonna Rosetta, che è sempre nei miei pensieri.
Mia mamma e mia zia sono cresciute nella campagna di Sant’Eraclio, i miei nonni erano contadini. Avevano un campo grande dove coltivavano qualunque cosa vi viene in mente ora e tanti animali tra galline, polli, maiali, conigli. Ovviamente si mangiava quello che c’era, quello che era di stagione, quello che offriva l’orto. Per me il posto più magico di casa di nonna era la cantina, nascondeva un sacco di segreti: armadi con vecchi libri e quaderni, mensole con qualunque cosa, conserve in ogni dove e … la mattera. Questo strano mobile che si apriva da sopra e aveva anche due sportelli davanti, per me, da piccola, era uno scrigno pieno di cose bellissime (in cima alla classifica c’erano le uova appena raccolte). Anche per la mia mamma e per mia zia la mattera aveva un significato speciale: era il cuore della fregnaccia. In quegli anni non si poteva sempre fare il dolce che si desiderava, ma ci si doveva arrangiare con quello che si aveva in casa, in particolar modo con quello che c’era dentro la mattera.
Ed è così che nasce la fregnaccia: si chiama in questo modo perché non si usavano mai gli stessi ingredienti, ma solo quello che c’era dentro la mattera. Le costanti erano il pane secco, la farina e lo zucchero che non mancavano mai; poi di solito mia nonna ci metteva l’uvetta, le mele e le noci. Si impastava tutto e si metteva a cuocere nel fornetto della stufa. D’inverno per mamma e zia quello era un momento di festa: si aveva voglia di dolce? Scendiamo in cantina, vediamo quello che offre la mattera e facciamo la fregnaccia! L’appuntamento poi era in cucina: intorno al tavolo si ritrovavano nonna Rosa, mamma Giuseppina e zia Teresa; nonna Mitilla, la nonna di mamma e di zia, supervisionava il tutto dalla sedia vicino alla stufa. Prima si impastava il pane secco con il latte e l’acqua, si aggiungeva un po’ di farina e lo zucchero e poi iniziava il divertimento vero: aggiungere tutto quello che si prendeva dalla mattera. Quando l’impastone era pronto, si metteva in una teglia e finiva dritto nel fornetto. Si aspettava un po’ (fin quando non era colorata… mica c’erano le tempistiche come sui ricettari di oggi!) e appena cotta si assaggiava subito, la curiosità era sempre troppa visto che ogni volta il sapore era diverso. La fregnaccia è un dolce povero, ma senza dubbio riuniva tutta la famiglia intorno al tavolo e per me e la mia famiglia è una delle tante “scuse” per ricordare la mia amata nonnina, che chiamava sempre Rete 4 “Rai 4” e poi ‘sta Rai 4 l’hanno inventata per davvero… se solo lo sapesse!
Ora insomma non vi resta che provare a farla, a voi la ricetta!
LA FREGNACCIA DE NONNA ROSA
Pane secco che t’è avanzato bagnato co’ latte e acqua
Un po’ de zucchero
Un po’ de farina
Mela
Uvetta
Noci
Quello che c’hai dentro casa
…visto che ormai siamo moderni, in forno per 20/25 minuti a 180°
P.S. Quando la fate, postate una foto e taggate @chiaroscuroslowpress
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