Tra zone boschive e verdi colline, sorge il borgo di San Venanzo, primo comune della provincia di Terni percorrendo la vecchia statale che da Marsciano raggiunge Orvieto.
Di origine etrusca, centro agricolo e forestale di grande importanza, San Venanzo sorge sul costone di uno dei tre vulcani localizzati alle pendici settentrionali del Monte Peglia. È qui che si trovano il Museo ed il Parco Vulcanologico in cui è possibile ammirare le strutture vulcaniche di una roccia unica al mondo. Questa area dell’Umbria è considerata protetta (Area Naturale Protette Vulcani di San Venanzo), in quanto parte di un geosito e di un sistema di siti di interesse ambientale. E la sua storia, che pure è davvero millenaria, è stata scoperta solo alla fine dell’Ottocento, quando ci si rese conto che la composizione di alcune rocce di quell’area presentava caratteristiche uniche mai viste fino ad allora. Oggi sappiamo che queste rocce sono paragonabili solo a quelle presenti in altre tre parti del mondo: in un’area della Cina e in un’altra compresa tra la Tanzania e l’Uganda ed in Spagna. Sopra a quel deposito di rocce di natura vulcanica, composte da bombe vulcaniche, da lapilli e ceneri sorge San Venanzo, che visto dall’alto presenta per l’appunto una forma quasi ad anello, a ricordare il classico tronco di cono di un cratere vulcanico, che risale, niente meno, che a 265.000 anni fa. Poco distante, neanche un chilometro, c’è poi un altro cratere, a Pian di Celle, che presenta un’analoga struttura ma con in più due colate laviche, della stessa composizione geologica e minerale. Nel 1985 venne individuato un altro cratere, più piccolo, che ha portato a tre i vulcani chiaramente riconosciuti in questa parte di Umbria, sui versanti del Monte Peglia.
Queste scoperte hanno attirato studiosi e curiosi da tutto il mondo, anche se il grande pubblico ignora questo ennesimo “tesoro” dell’Umbria. Da qui l’idea di creare un museo con un percorso in grado di collegare i tre siti in una rete che avrebbe una lunghezza di circa 5 chilometri. Oggi il percorso attrezzato interessa il vulcano di Pian di Celle, raggiungibile percorrendo un tracciato di circa 900 metri, situato all’interno di una vecchia cava, nella quale è possibile vedere una sezione della colata lavica. Proprio questa “fetta” di terreno ha consentito di effettuate la scoperta di due minerali unici e di cui San Venanzo è la località tipo al mondo: la Willhendersonite (rinvenuta anche in altre località al mondo) e l’Umbrianite che per ora ha solo San Venanzo come località di rinvenimento.
I tre vulcani
Il complesso vulcanico di San Venanzo si trova in una regione in cui l’attività vulcanica è un fenomeno raro e non solo è associata ai terremoti e ad un energico rimodellamento del paesaggio, ma anche a rocce rare e di origine profonda come le kamafugiti e le carbonatiti. Molto interessanti sono anche le morfologie vulcaniche composte da larghi crateri scavati nelle rocce sedimentarie preesistenti, detti maars; condotti cilindrici profondi, detti diatremi e anche piccole colate laviche e corpi subvulcanici, come dicchi e sill (rocce intrusive). Nel caso dell’edificio vulcanico di San Venanzo, la violenta attività esplosiva ha determinato la formazione di un cratere del tipo maar; i maar sono delle depressioni subcircolari, poste al disotto del livello preesistente del terreno, che spesso ospitano un lago (“maar“in tedesco antico significa lago). Una sorte simile è toccata anche al maar di San Venanzo dove per circa 2 mila anni è stato presente un piccolo lago della profondità massima di circa 30 m. Il successivo crollo del lato sud-est del fragile bordo craterico ha fatto sì che il lago si svuotasse, lasciando un deposito di materiale organico fossile che ne ha permesso la ricostruzione.
Sul lato nord, il materiale vulcanico prodotto dall’attività esplosiva ha formato un vero e proprio bastione piroclastico che si è disposto a mezzaluna intorno alla cavità craterica.
Sull’altura formata dal bastione, è nato e si è sviluppato il centro storico di San Venanzo. L’attività vulcanica è stata esclusivamente esplosiva e l’insieme dei materiali piroclastici eruttati ha dato origine ad un deposito detto tufo, una roccia friabile che si genera per raffreddamento di magma fuso, frammentato durante l’espulsione violenta.
L’anello di tufo di Pian di Celle
Il vulcano di Pian di Celle, la cui area craterica si colloca circa 500 m. a sud del maar di San Venanzo, si è formato probabilmente subito dopo la fine dell’attività di quest’ultimo. Nonostante la forma e il tipo di attività che lo hanno caratterizzato siano un po’ diversi rispetto al maar di San Venanzo, questi due vulcani possono, tuttavia, essere considerati gemelli, in quanto generati da un’unica risalita di magma dal profondo. L’anello di tufo di Pian di Celle si è formato su un basamento pre-esistente in forte pendenza ed è identificabile con un’ampia spianata circolare, leggermente concava, detta Pian di Celle da cui prende il nome tutto il vulcano. A differenza del cratere di San Venanzo, che risulta escavato sul preesistente piano di campagna, quello di Pian di Celle si trova alcune decine di metri al di sopra, di conseguenza, insieme all’edificio piroclastico che lo circonda, può essere definito un tipico anello di tufo. A Pian di Celle l’eruzione si è sviluppata in due fasi distinte: ad una prima fase esplosiva, con la formazione dell’area craterica e dell’anello di tufo, è seguita un’imponente fase effusiva, con l’emissione di circa 1 milione m3 di lava, molto calda e fluida. La colata è defluita lungo i fianchi dell’edificio vulcanico già costruito e raffreddandosi ha formato la venanzite.
La colata lavica di venanzite
La colata lavica di venanzite è costituita da una serie di colate laviche di tipo pahoehoe (a superficie liscia o leggermente ondulata) originate dal raffreddamento di lava molto fluida, emessa ad una temperatura di circa 1250°C. La lava ha completamente riempito una depressione raggiungendo uno spessore massimo di circa 20 m e una larghezza di circa 200 m. Nel punto di maggior accumulo a cavallo fra gli anni ’60 e gli anni ’70 la venanzite è stata estratta in maniera intensiva, ciò ha portato allo svuotamento quasi completo del corpo lavico. L’attività estrattiva ha di fatto distrutto una sorta di ‘monumento ambientale’, ma l’intervento umano ha avuto anche una valenza positiva in quanto oggi permette ai visitatori di entrare fisicamente all’interno di una colata lavica. Entrando nell’ex cava ci si trova di fronte uno spaccato geologico artificiale molto interessante, una vera e propria ‘palestra didattica’ che permette di fare osservazioni approfondite sulla dinamica dell’attività eruttiva.
Il cono eccentrico di Celli
Il cono eccentrico di Celli è costituito da un piccolo cratere di circa 40 m di diametro, che si trova approssimativamente 500 m a est di Pian di Celle. Il cratere è circondato per due terzi, verso est, da un anello di tufo del diametro di circa 100 m e dello spessore massimo di pochi metri. Il Parco Vulcanologico, istituito nel 2000 e attrezzato dal 2004 è la naturale estensione del Museo Vulcanologico che permette al visitatore di osservare come se si spostasse all’interno di un vulcano in sezione ed ha la possibilità di toccare con mano e fare osservazioni da un punto di vista decisamente inusuale: l’interno di una colata. Il museo è visitabile in circa 45 minuti, approfittando della presenza delle guide in loco, mentre il percorso del parco si può fare comodamente in meno di un’ora, non necessitando di particolare abbigliamento o equipaggiamento tecnico.
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