Diabolik, Eva e Ginko – Diabolik@AstorinaSrl
Immaginatevi un bambino a cui piace disegnare, immaginate di lasciarlo ore e ore in qualsiasi punto della casa e ritrovarlo sempre lì con la faccia spiaccicata davanti al foglio. Il nonno di questo bambino, ogni mercoledì, gli regala un Topolino, a volte accompagnato da un ovetto di cioccolato. Oltre ai Topolino, il nonno in casa ha una collezione sterminata di Tex, Zagor, Mister NO e, nascosti nel mobiletto dell’ingresso, alcuni Dylan Dog.
Ecco, quel bambino sono io. Talmente fritto per i fumetti che già da molto piccolo elaboravo e disegnavo personaggi e ambientazioni per cartoni animati o storie brevi a fumetti.
La scelta della Scuola Internazionale di Comics è stata fortuita ma obbligata, nella ricerca di un corso di indirizzo specifico ho chiesto casualmente consiglio ad un ex studente. Per poter iniziare a studiare fumetto sono dovuto scendere ad alcuni compromessi, lavorando in un’azienda che si occupava di progettazione e costruzione di insegne al neon e, due volte a settimana, facendo il pendolare tra Bastia Umbra e Roma. La formazione di quegli anni è stata fondamentale per iniziare a scoprire il mio modo di disegnare fumetti. Avevo fame di vedere i miei lavori stampati su carta sotto un’etichetta editoriale, tant’è che, uscito da scuola, ho cominciato ad autoprodurre progetti a fumetti con disegnatori affamati come me. Grazie a queste prime esperienze nel 2015 ho pubblicato su “Dead Blood”, una testata horror per una realtà editoriale che nasceva in quel momento, Noise Press. Contemporaneamente ho iniziato a frequentare la redazione di Terrenostre, rivista locale periodica che si occupa anche di video interviste e di approfondimenti culturali. Studiare la fotografia, imparare ad utilizzare la videocamera, montare i video, era in qualche modo raccontare storie attraverso immagini e credo che il mio animo creativo sia stato arricchito da queste esperienze collaterali. Nel frattempo ovviamente continuavo a disegnare storie brevi a fumetti e a costruirmi un percorso professionale. L’obiettivo era chiaro: riuscire a fare fumetti per renderlo gradualmente il mio principale lavoro. Nel 2018, dopo la pubblicazione di “Black Knot”, la mia prima storia da co-autore, ho avuto un momento di crisi. Avevo l’impressione che la mia carriera facesse fatica a partire veramente e paura di non riuscire nell’obiettivo che mi ero prefissato. Ma nonostante lo sconforto ho continuato a lavorare a nuovi progetti. Poco tempo dopo mi è capitato di rispondere ad una richiesta online dove si cercava espressamente un “disegnatore realistico noir”. Così ho creato un portfolio con tavole di “Black Knot” e le ultime di un proposal sceneggiato da un amico. Proprio queste ultime tavole hanno convinto gli editor di Feltrinelli Comics a selezionarmi per disegnare “Ballata per un traditore”, da un soggetto di Massimo Carlotto, scrittore di romanzi noir, con sceneggiatura di Pasquale Ruju, attuale sceneggiatore di punta di Tex. Le tempistiche da libreria mi hanno spinto a costruire una nuova sintesi che mi permettesse di reggere un numero più alto di tavole in meno tempo.
In tutti questi anni ho notato come l’ultimo progetto, l’ultima tavola o anche solo l’ultimo disegno che faccio mi portano a trovare nuovo lavoro, allo step successivo. Forse perché trovandomi in una parentesi di forte crescita, è molto evidente la differenza da un progetto all’altro, in stile, eleganza di forma e struttura del disegno. Ed è così che arriviamo alla proposta di Astorina, la quale, rimasta colpita dal mio esordio in Feltrinelli, mi ha proposto una breve storia all’interno de “il Grande Diabolik 1-2021”. Una piacevole, quanto singolare, esperienza sotto ogni punto di vista. Mi sono considerato sempre un estimatore dei classici (di cui comunque mi reputo ancora un grande ignorante), ma mai un disegnatore “canonico”, un disegnatore che attraverso un tratto più riconoscibile al pubblico riesce a restituire giustezza ad un personaggio iconico. Essendo una storia breve non posso svelare molto, se non che è proiettata anni avanti rispetto alle classiche vicende a cui il pubblico di Diabolik è abituato. Inoltre la ricerca di una sfera emotiva più intima mi ha permesso di creare un legame forte con le pagine. Il processo di lavorazione dei personaggi non è stato facile in quanto ho dovuto accentuare il passaggio del tempo sui volti e i corpi pur mantenendo l’inconfondibile riconoscibilità degli stessi. È stato un po’ come scolpire l’argilla.
In fase di disegno delle tavole non ho riscontrato ostacoli particolari, eccetto per quanto riguarda le onomatopee: purtroppo le mie esperienze editoriali avevano poca presenza di queste figure retoriche in quanto ho partecipato a progetti con un linguaggio molto più “cinematografico”, dove i suoni sono stati lasciati alla libera interpretazione del lettore.
Qui sicuramente ho avuto filo da torcere, ma in generale posso dire che lo staff editoriale di Astorina è stato molto chiaro nel confronto in fase di proposta e che mi ha lasciato molta libertà artistica, accettando di buon grado che portassi la mia nuova sintesi in questa storia. Dopo la mia avventura “diabolika” ho capito di potermi dedicare a tempo pieno al fumetto raggiungendo, almeno in parte, quell’obiettivo che mi ero prefissato solo pochi anni prima. Ho lavorato al sequel di Ballata per un traditore e attualmente sono al lavoro su Samuel Stern, la serie horror da edicola della Bugs Comics e su un altro progetto segretissimo, da libreria.
Mettere nero su bianco un intero, per quanto breve, percorso mi fa capire quanto i problemi siano da ridimensionare al tempo in cui si vivono. E che tu puoi raggiungere anche un obiettivo ma l’importante è come ci arrivi cercando di non odiare il modo in cui ci sei arrivato.Mettere nero su bianco questo percorso mi fa capire quanto i problemi siano da contestualizzare al momento in cui si vivono. Non è facile prevedere quali strade ci porteranno all’obiettivo, ma possiamo scegliere in quale modo percorrerle.
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