Costruisco le mie certezze su macerie e successi. Come fanno tutti. Siamo il frutto di cocci rotti, porte chiuse in faccia, giudizi sputati per noia o frustrazione, ma anche di traguardi e successi, abbracci, sorrisi, vibrazioni. E come vibra la strada!
Strutturo la mia presenza in modo disordinato ma discreto. Mi avvicino alla scena con la consapevole coscienza dell’importanza della mia superfluità. Sono l’ingranaggio mancante fra l’umano sopravvivere e quella proiezione di follia che ci insegue da quando siamo embrioni. Di strada in strada.
Azzardo, mi mescolo al pubblico idealmente e penso che a giorni alterni faccio schifo. Solo ieri ho scritto un pensiero nel canale social della mia mente in cui esaltavo la mia grande capacità dello stare in mezzo al palco, di fronte al pubblico. Ho fatto strada.
Ammetto a me stesso e al mondo la mia natura in eterno conflitto. Consapevole che chi non combatte non può vincere. Mai. C’è della frustrazione bellica nell’animo di ogni pacifista. Perché poi quei nobili intenti ce li perdiamo. Per Strada. E per Strada proietto la mia idea di vita. Nomade genesi del processo che parte dall’esaltazione della propria idea di artista da spettacolo a San Siro e atterra leggera su una irrefrenabile voglia di mettere un pugno di estranei in un semicerchio, vendergli la mia follia al prezzo del loro tempo, costruire una piramide la cui punta è un segreto consenso tradotto in un cappello che vola in terra e trasforma la strada in una casa, una famiglia, cibo, vino, voglia di vivere. Non solo di Strada.
Cos’amo dell’arte di strada? L’imperfezione. L’occasionalità. L’adattabilità. La resilienza. La circo-stanza, che fa di ogni luogo il contenitore perfetto per un’esibizione. Una. Che non sarà mai uguale alla precedente, e che insieme alle mille altre già proposte costruiranno la magica unicità della prossima.
0 Comments