Trent’anni di noi

by Feb 23, 2021Foligno e dintorni

Trent’anni di noi

Intervista al Forno San Feliciano

“Il pane è il re della tavola e tutto il resto è solo la corte che lo circonda. Le nazioni sono la minestra, la carne, le verdure, l’insalata, ma è il pane che è il re”.
(Louis Bromfield)

È veramente difficile portare a termine un’intervista se a distrarti arriva continuamente profumo di pizza calda e dolci appena sfornati, ma anche questa volta ce l’abbiamo fatta.
Nel nostro ultimo numero del decennale di Chiaroscuro abbiamo intervistato Arianna, uno dei membri della famiglia Silveri, per festeggiare i primi trent’anni di attività di una delle realtà storiche della città di Foligno: il Forno San Feliciano. 

Come nasce il forno San Feliciano?

L’origine di tutto è stato mio padre, che ha sempre fatto il fornaio.
All’età di dieci anni a Casenove, un piccolo paesino di montagna nel folignate, decise di conoscere e apprendere un mestiere e imparò a fare il pane. Anche quando nascemmo io e mia sorella, dopo aver lavorato tutta la notte, ci portava con il suo furgone a consegnare il pane nei vari paesi di montagna. All’epoca si usava ancora consegnare il pane quasi casa per casa ed è per me un ricordo meraviglioso.
Nel 1990, una notte, l’allora titolare del forno si ritrovò senza dipendenti e senza nessuno ad aiutarlo. Si ricordò di Walter, che a Casenove era diventato ormai tra i fornai più esperti e gli propose di iniziare a lavorare con lui. Iniziammo con la fornitura di tre quintali, per poi arrivare a decine di quintali di pane sfornati nel solo weekend. Dopo qualche tempo, il titolare chiese a mio padre di rilevare il forno e da lì non ci siamo più fermati.
Siamo arrivati a trent’anni con la voglia di farne altri trenta. All’inizio c’era soltanto mio padre, che impastava, infornava e consegnava, con due forni all’attivo, poi a lui si unirono mia madre e mia nonna.
Era un’attività tutta “in famiglia”. Quando iniziammo ad ampliare l’attività, dovemmo assumere i primi aiutanti, e furono proprio gli stranieri che negli anni Novanta arrivavano a Foligno, volenterosi di iniziare a imparare un mestiere duro come quello del fornaio. All’inizio, producevamo il doppio del pane di adesso, fornivamo moltissimi supermercati in più, non avevamo quasi concorrenza.
A oggi, la produzione di pane è diminuita notevolmente, se ne consuma molto di meno anche a livello casalingo, ed è per questo che abbiamo ampliato l’offerta con pizza e pasticceria. 

Come sono cambiate le cose in questi trent’anni?

Devo dire che, nel corso di trent’anni di storia, i cambiamenti più importanti sono avvenuti negli ultimi dieci.
Vuoi i social, il periodo economico e l’apertura anche di molti altri forni in città, per rimanere a galla abbiamo dovuto darci da fare e restare al passo coi tempi.

Gli ingredienti sono semplicissimi e sono sempre gli stessi, acqua e farina. Ma qual è l’ingrediente segreto del vostro successo?

Sì, il pane è una ricetta semplice. Noi lo facciamo con il lievito madre: ogni giorno lo rinfreschiamo con il lievito di birra e facciamo partire la panificazione. Sembrerà banale, ma sicuramente il nostro ingrediente segreto è la passione. Il nostro è un lavoro molto faticoso, un’attività sempre aperta, ogni giorno dell’anno. Anche in estate, quando si lavora accanto a un forno che arriva a oltre 200 gradi.
Per questo credo sia proprio la passione, la base del nostro successo: senza, avremmo smesso da tempo e la nostra generazione non avrebbe deciso di continuare la tradizione familiare.


Quanto è importante la tecnologia, in un lavoro artigianale come il vostro?

Ormai sarebbe impossibile prescindere dalla tecnologia. Fare il pane può sembrare qualcosa di semplice, un’arte che conoscono tutti, che non smetterà mai di esistere, ma non possiamo certo cullarci sugli allori.
Ed è qui che io e mia sorella, la nuova generazione, riusciamo ad aggiungere quel quid in più. Siamo sempre attive sui social, che aggiorniamo costantemente con fotografie di prodotti appena sfornati, ricette, novità e devo dire che questo nuovo modo di comunicare funziona. Arrivano spesso clienti che richiedono proprio le paste che hanno visto su Instagram, o un determinato dolce che abbiamo pubblicato su Facebook, anche giorni prima. L’immagine è sicuramente d’impatto: anche se in molti conoscono ciò che facciamo, non possiamo non aggiornare i nostri canali continuamente.  Anche a livello di strumentazione, la tecnologia ha velocizzato naturalmente i processi di produzione, in cucina e al forno, oltre che aiutarci nella distribuzione. 


Ci raccontate qualche aneddoto curioso di questi anni?  

Me ne vengono in mente due, in particolare. Sono ormai anni che nostro padre dona quotidianamente pane alle Clarisse di Spello. Quando avanza qualcosa, pane, pizza o altro, lo portiamo a loro, che ricambiano con i biscotti fatti in casa, frutta o abbellimenti per il nostro locale. Quando l’anno scorso, a sorpresa, le Clarisse ricevettero la visita di Papa Francesco, nostro padre si trovava lì per la consegna quotidiana.
Il Papa gli ha regalato un rosario, in segno di gratitudine per il fornaio che ogni giorno dona del pane alle suore di Spello.
Un’altra cosa curiosa è accaduta questa estate.
La cantina Dionigi di Bevagna, con Balloon Adventures Italy, organizza spesso eventi in mongolfiera, e in occasione di uno di questi, ci ha commissionato una torta di compleanno per un certo Matteo, raccomandandosi di seguire alla lettera le indicazioni fornite. Come al solito, abbiamo fatto del nostro meglio, per poi scoprire che il misterioso Matteo era il figlio di Colin Firth, il famoso attore britannico che trascorre spesso del tempo in Umbria. La famiglia Firth stava festeggiando il compleanno del figlio con un giro in mongolfiera: abbiamo saputo il nome del destinatario solo il giorno dopo, a evento ormai concluso. 


Come è cambiata la vostra vita lavorativa durante la pandemia?

Com’è logico, il forno non ha mai smesso di lavorare. Il pane è indispensabile, non se ne può fare a meno. Abbiamo fin da subito adottato tutte le misure di sicurezza, moltiplicato i controlli, non abbiamo mai abbassato la guardia proprio per evitare casi di positività che ci avrebbero obbligato a fermare la produzione e chiudere tutto. Per quanto riguarda il mercato, durante i mesi di lockdown abbiamo riscontrato un crollo rovinoso dei prodotti da forno più strutturati. Per esempio, per mancanza di domanda, abbiamo smesso di produrre il pane ai cerali, che personalmente penso sia tra i più buoni. Sembrava quasi che ci fosse una sorta di timore verso i prodotti più lavorati o con più ingredienti. Il prodotto semplice continuava a vendere, quello più strutturato no.
La pandemia, inoltre, ha cambiato completamente i consumi in periodi come quelli di Pasqua o Natale. Quest’anno, abbiamo programmato la produzione di molti meno panettoni, con meno gusti, proprio perché non sarà possibile fare grandi cenoni, quindi le famiglie ne acquisteranno quantità inferiori, solo per il consumo familiare. L’unico prodotto che ha resistito alla pandemia è la rocciata, il dolce locale a cui i folignati non hanno mai rinunciato.

Ringraziamo Arianna e la sua famiglia per averci concesso l’intervista.
Per dovere di cronaca, vi assicuriamo che prima di lasciare il forno abbiamo fatto un test qualitativo dei prodotti e possiamo confermare che è stato brillantemente superato.
Pizza e dolci assolutamente da provare!

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