Un anno di Emergenza Coronavirus

by Giu 18, 2021Foligno e dintorni

Intervista a Stefano Nodessi Proietti, Direttore del dipartimento di Protezione Civile Regione Umbria

“Il volontariato è importante perché fare bene agli altri fa bene anche a te. Egoisticamente io mi sento meglio quando faccio del bene ad altre persone ed è una cosa bellissima a cui dovreste dedicarvi anche voi.”
Bebe Vio

Dodici mesi di emergenza sanitaria, pandemia, DPCM e restrizioni. Ci siamo interrogati moltissimo in questo anno se le cose potevano essere gestite meglio o peggio, di sicuro c’è una branca che non si è mai tirata indietro in nessun fronte nonostante le grandi difficoltà, e perché no, purtroppo anche nonostante le malelingue di alcune parti della popolazione: si tratta della Protezione Civile.
Con Stefano Nodessi Proietti, Direttore del dipartimento di Protezione Civile Regione Umbria, abbiamo cercato di ripercorrere le tappe di questi dodici mesi.

La Protezione Civile è prevenzione, in ogni situazione, ma la pandemia è stata realmente un qualcosa di assolutamente nuovo?

 Il supporto dei volontari è stato determinante, soprattutto nella prima fase, dove la logistica era più importante, mentre in questa seconda fase la problematica è più di tipo sanitario. All’inizio si dovevano supportare le persone malate e, a partire dai volontari dei Comuni che prendevano gli ordini dai COC (Centro Operativo Comunale), fino ai nostri volontari, che portavano DPI presso le RSA, il lavoro è stato continuo e senza sosta. Il volontariato in quella prima fase è stato veramente eroico, in un momento nel quale la malattia era ancora in fase di studio e tutto era ignoto, ma nessun volontario si è tirato indietro rispettando ovviamente tutte le regole, prevenendo possibili contagi all’interno dei gruppi e continuando anche a supportare anziani e malati nelle situazioni anche domestiche, come fare la spesa o portare medicinali. Siamo abituati alle emergenze di ogni tipo e anche su una pandemia, che magari non è scritta nei nostri manuali, devo dire che la Protezione Civile umbra, ormai veterana nelle situazioni di difficoltà, non ci ha messo molto ad essere parte attiva del meccanismo di supporto e aiuto. I volontari, come tutti coloro che lavorano all’interno della Protezione Civile, si sono dimostrati coraggiosi e fondamentali per la riuscita dell’operazione. Devo dire che il sistema Protezione Civile è sempre all’altezza, che si parli di terremoto o di pandemia, e questo deve essere il nostro orgoglio più grande.

Quali sono state le maggiori criticità affrontate?

Devo dire che, a livello materiale, le difficoltà all’inizio si sono riscontrate nell’acquisto e distribuzione dei DPI, a partire dai ventilatori, ai camici, ai guanti, mascherine e tutto quello che serviva nella primissima parte dell’emergenza. Nella prima ondata inoltre si è portato cibo, beni di primissima necessità, farmaci, tutto quello che era necessario a famiglie impossibilitate nell’uscire oppure a strutture come RSA, o anche ai presidi medici. Ora la situazione è molto cambiata, è un processo molto lineare e più schematizzato e c’è meno improvvisazione. D’ora in avanti, se la situazione rimarrà di questo tipo, dovremmo coordinare i check-point per i punti vaccinazioni (che saranno più o meno venti sparsi per l’Umbria), quindi supportare questi punti per una corretta somministrazione.

I dati del peggioramento degli ultimi tempi, secondo lei come si spiegano?

L’Umbria ha vissuto diverse fasi, all’inizio quasi un’isola felice, purtroppo in questa seconda fase ha avuto la sfortuna di essere la prima ad essere incappata nelle varianti. Magari ci sarà stato qualche caso sfuggito nel perugino, in quanto a Terni la realtà è stata ben diversa, ma vedendo come sta esplodendo la variante inglese (intervista realizzata il 4 marzo 2021) credo che tutta l’Italia si ritroverà nella medesima situazione dell’Umbria. In questa situazione basta un piccolo allentamento, magari anche in un asilo, per portare a nuovi contagi. Nel caso della variante inglese, che gira moltissimo tra i bambini, si è triplicato il coefficiente di positività tra 0 e 3 anni, addirittura quintuplicato tra 5 e 8 anni. Il tutto è stato reso più complesso dal fatto che nei bambini non ci sono effetti, cosa ovviamente diversa per gli adulti. Proprio per questo motivo ho  asserito sin da subito che le scuole fossero un luogo molto a rischio e credo che la riapertura di queste andrà fatta quando saranno iniziati i vaccini alla popolazione. Quindi diciamo che non vedo errori particolari da parte della nostra Regione, solamente purtroppo un anticipo del discorso delle varianti.

Le soluzioni per questo nuovo contagio?

L’unico modo per fermare un virus, soprattutto se parliamo di varianti, è proprio con il vaccino. Ora ci sono e si deve trovare il modo di farne più possibili per tutti quanti. Proprio per questo motivo è passata l’idea che il COR (Centro Operativo regionale di Protezione Civile) non terrà i vaccini per la seconda dose fermi nei frigoriferi, quindi si cercherà di accelerare più possibile per far sì che l’incendio non si propaghi ulteriormente. L’epidemia è proprio come un incendio, per bloccarlo si deve creare un argine tra un albero e un altro: quando si vaccina è come se si creasse una barriera tra i vari alberi che possono incendiarsi a vicenda, quindi la soluzione è come quella attuata dall’Inghilterra: vaccini a tutti anche della prima dose.

Aneddoti vari di quest’anno, soprattutto magari legati ai primi mesi.

Nella prima parte dell’emergenza mi ricordo che arrivavano mail di avventurieri che vendevano qualsiasi cosa, dai ventilatori alle mascherine ed essere riusciti a districarsi in quel marasma senza aver preso nessuna cantonata è stato veramente importante per tutti noi. In quel periodo non ci siamo tirati indietro e chiamavamo tutto il mondo per cercare di prendere forniture serie, cercando anche di confrontare le centinaia di richieste che ci arrivavano per capire quale fosse una situazione da seguire e quale no. È comunque un grande vanto per noi essere riusciti a non incappare in nessuna “buccia di banana” e vi assicuro che il rischio era altissimo. Però vorrei anche ricordare ciò che non mi è piaciuto: l’accanimento su chi cercava di affrontare la pandemia (dai volontari, ai medici, agli operatori sanitari) puntualizzando ogni singola azione e magari tirando fuori Procure per infangare una categoria che stava lavorando in una situazione mai vista prima. È  facile puntare il dito, perché purtroppo in quel periodo, quando qualcuno cercava di salvare l’Italia stando comodamente seduto sulla poltrona, c’era un volontario o un medico che rischiavano la vita in prima linea e l’accanimento verso di loro è stato vergognoso.

Un esempio potrebbe essere proprio l’ospedale da campo.

 Esatto, la riprova che si deve per forza “sparlare” è l’ospedale che abbiamo realizzato nei pressi del parcheggio del Silvestrini di Perugia. Intanto si sono scritte illazioni a partire dal costo, non è mai costato 4 milioni e mezzo di euro, ma al massimo 2 milioni e mezzo. Quest’operazione ha ricevuto solo critiche gratuite, senza nessuna fondatezza. C’è stato un ritardo nel completamento dei lavori perché gli Stati Uniti, a loro volta in piena emergenza Covid, hanno bloccato tutte le forniture di materiale; ad esempio non siamo riusciti ad acquistare gli shelter di ultima generazione (container automatizzati) che avevamo opzionato. Nonostante ciò abbiamo risparmiato nel totale dell’acquisto, comprando shelter manuali, ma lasciando invariate le strumentazioni al loro interno: ci sono i migliori macchinari e tecnologie al momento con 10 posti per bassa intensità, 16 terapie semi intensive con i ventilatori e 12 posti di terapia intensive. Quella struttura è un gioiello che rimarrà alla Regione Umbria: a differenza di altre situazioni, dove si è speso moltissimo per realizzare degli ospedali Covid in zone fieristiche, che poi dovranno essere smantellati, noi abbiamo voluto investire su una struttura che in qualsiasi momento potremmo usare anche in altre emergenze.

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